ORARI

  Giovedì 20/04   Ore 21,00
     
  Venerdì 21/04   Ore 21,00
     
  Sabato 22/04   Ore 21,00
     
  Domenica 23/04   Ore 16,00 - 18,30
     
  Lunedì 24/04   N.D.  Film Evento
     
  Martedì 25/04   N.D.  MON CRIME
     
  Mercoledì 26/04   N.D.  Rassegna

 

 

 

 


Un film di
RODRIGO SOROGOYEN

Spagna - 120' - Drammatico/Thriller



IL MIGLIOR FILM SPAGNOLO DELL'ANNO
VINCITORE DI NOVE PREMI GOYA

Magnifico Thriller rurale di altissima tensione e profondo spessore, attuale e dirompente: bestialità e civiltà, tra chi si prende la ragione e chi ce l'ha, in uno scontro umano e disumano interpretato impeccabilmente, che sorprende fino all'ultimo atto. Sullo sfondo l'insidioso dialogo con il diverso, il sospetto e l'indifferenza delle autorità, l'arrendevolezza disamorata delle nuove generazioni.

SINOSSI : Alla base della vicenda la scelta di Antoine (Denis Menochet) ed Olga (Marina Fois), coppia francese, di andare a vivere in un piccolo paesino sulle alture galiziane e di trasformare la casa che posseggono in un agriturismo ecosostenibile, così da incentivare il turismo e la ripopolazione della zona. Quest’ultima infatti soffre della fatica agricola non ricompensata, dell’isolamento geografico, della depressione sociale e viene progressivamente abbandonata.
Quelle stesse identiche zone Antoine ed Olga vogliono curarle e mantenerle intatte nella loro calma bellezza: di qui l’opposizione all’installazione di pale eoliche da parte di una multinazionale nordica, operazione che darebbe il via all’ espropriazione dei terreni degli abitanti, in cambio di un indennizzo svalutante.
Il loro voto contrario diventa determinante per le sorti del piccolo villaggio ed è mal accettato dai vicini confinanti, i fratelli Xan (
Louis Zahera) e Lorenzo, che lavorano nella fattoria accanto alla tenuta di Antoine, individui  particolarmente diffidenti verso gli stranieri e non affabili: ai due il denaro dell’espropriazione avrebbe fatto molto comodo, ma la venuta del “francesino”, con i suoi grilli chic per la testa, ha compromesso i piani.
La reazione si condensa in un domino di comportamenti vendicativi via via più gravi fino all’immaginabile inimmaginabile...

RECENSIONE : Intelligente, implacabile e rigoroso. Una belva con il fiato sul collo, un lupo che addenta alla gola e resta sulla preda tutto il tempo che ci vuole per spegnerla. As Bestas è l’ultimo magnifico lungometraggio del talentuosissimo spagnolo Rodrigo Sorogoyen, presentato fuoriconcorso alla scorsa edizione del Festival di Cannes.
Una riflessione sul differenziale dinamico tra due universi, quello bestiale, forgiato dalla montagna, cieco, vendicativo ed ostinato, e quello raziocinante, prodotto dalla cultura civile, calibrato, lucido e non meno ostinato. Un duello tra dialogo e brutalità, tra compromesso e jungla, un thriller della civiltà e dell’inciviltà, una storia di vendetta duplice, giocata su un medesimo terreno ma con mezzi diversi.
Sorogoyen innesca la miccia del contraddittorio, la deflagra barbaramente e raccoglie chirurgicamente i pezzi dell’esplosione: da una parte uno scontro non eludibile, dall’altra la pazienza autoriale e registica di modularlo, rallentarlo, accelerarlo, sfinirlo, capovolgerlo, schiantarlo, centimetro dopo centimetro, senza mollare mai il polso.

As Bestas
è una trappola perfetta ed inaspettata, una ragnatela tagliente che investe più sull’invisibile che sul visibile e conferma doti ed intuito artistico di quello stesso Sorogoyen che ha diretto piccoli stupefacenti capolavori come Madre e Il Regno.

Sorogoyen realizza un dramma maturo, complesso, pluritematico e sfaccettato, con la sua incapacità di soffermarsi sul banale, con il suo nervo teso, marchio di fabbrica, e le intuizioni strutturali che lo contraddistinguono da sempre. Antoine e Xan sono due mondi opposti, inconciliabili, uno professore, l’altro allevatore di mucche, uno ha in bocca uno spagnolo che sa di francese ed una perifrastica da oratore, l’altro sputa galiziano ed improperi, trattando chiunque metta piede sul suo territorio come un inferiore. Antoine ragiona, Xan perosnalizza,  in un vortice dilatato che mastica pian piano centimetri di legalità e sicurezza.
Un’iperbole fuori dal buon senso, ma in qualche modo adottata dalle giustificazioni di chi le mette in atto: i fratelli sono emarginati dal resto del mondo, disamorati dal lavoro e dalla loro stessa miseria, cercano di trarsi fuori dall’ incubo desolante delle rispettive vite, per viverle in modo più comodo e soddisfacente, paradossalmente simile al modo in cui gli appare la vita di Antoine, professionista raffinato e rispettabile, sempre cordiale, mai troppo stanco, vitale e fortunato, circondato da ciò che vuole, moglie, figli, nipote, denaro e stima di chi lo conosce.
Loro, gli avversari, no: Xan e Lorenzo sono gli ignoranti delle montagne, schivati ed additati come volgari contadini, profumano di sterco, sudore e vita che non si voleva, con una sfilza di torti naturali ed innaturali sulle spalle e così tanti desideri compressi da spaventare l’energia di un vulcano. Come se a fronteggiarsi ci fosse chi ha avuto tutto dalla vita è chi no: la sete di rivalsa è dietro l’angolo.

In questo senso
As Bestas inquadra e rilancia il rifiuto del diverso, la fenomenologia del razzismo, i più umili fanno fronte comune contro chi non lo è, un populismo anti-integrazione con cui non si accoglie, ma si respinge, si preserva, si divide. Un sentimento nato e ben pasciuto dall’ assenza di tutela statale, e da una prolungata mancanza di giustizia sociale, che affama, delude, inaridisce ed arma il malumore delle persone. Inoltre, a ben vedere, in As bestas ci sono due popoli europei, quello francese e quello spagnolo, che vivono vicini ma non collaborano anzi si mettono i bastoni tra le ruote, sfatando il mito di cooperazione ed unità tanto decantato a livello comunitario.
A costruire la piccola e pericolosissima enclave di
As Bestas c’è la vicinanza fisica, l’intolleranza verso il cambiamento, la fame di denaro, lo sfregio ed una malcelata invidia per chi ha studiato e ne sa più di noi, poichè con la sua sola presenza, rimarca la nostra impotente inferiorità: basti ricordare l’inerzia colpevole della polizia locale che sembra accusare la coppia di essersi tirata addosso per prima certi comportamenti.
Oltre a questo,
As Bestas lascia emergere anche il diverso atteggiamento generazionale rispetto al problema: da una parte i genitori restano sul campo di battaglia per disinnescare la controversia, alimentare il contraddittorio ed ottenere prima una soluzione poi giustizia, uniti dall’amore reciproco e da un progetto di vita insieme che li ha portati su quelle alture.

Dall’altra i giovani, ossia la figlia di Olga ed Antoine, nomade metropolitana ed impaurita, che vorrebbe lasciar perdere tutto, salvare sua madre, trascinarla via, sostanzialmente puntando i piedi e girando il timone della propria vita altrove, come lei stessa ha fatto più volte, probabilmente perché non ha mai incontrato l’amore dunque non è mai riuscita a mettere radici. Infatti Olga la moglie di Antoine rimane laddove c’è il marito, regalando al suo martirio inascoltato una compostezza leggendaria, una dignità fuori dal comune, vittoria assoluta sulla bestialità e sulla paura.

As Bestas
è opera coraggiosa, stupefacente nel modo più profondo del termine, che tocca nervi scoperti e radicalizza problemi che ascoltiamo quotidianamente, facendoci immaginare cosa potrebbe accadere se determinate situazioni si verificassero, perchè, se si abdica al contraddittorio, niente può mai dichiararsi fuori dall’orizzonte degli eventi, soprattutto una guerra. E l’odierna politica internazionale lo dimostra sfacciatamente.

I personaggi sono magnetici, polarizzanti, hanno profili definitissimi, contengono ed esprimono una disinvoltura umana coerente e mai scontata. La recitazione è magistrale, tutta hic et nunc: esercita il realismo psicologico e la naturalezza d’azione a livelli impeccabili, attraversando barricate dialogiche impegnative senza cedere il passo alla facilità o alla maniera.
La scrittura non conosce tregua: alterna respiri riflessivi a tète a tète di rara bellezza ed efficacia, con la puntualità e la temperatura inquieta di cui Sorogoyen è ormai maestro molto affermato. Non indoviniamo fino a dove ciascuno si spingerà, nelle azioni orali, e, da un certo punto in poi, anche nella concatenazione degli eventi, di per sè non comoda, aspra da praticare, dunque per questo reale.
Tra le scene più impressive, una domatura a mano di cavalli selvaggi in un ralenty iniziale, fantasma programmatico di ciò che accadrà, presagio dell’azione epica e brutale di cui il braccio umano si può macchiare senza sentirsi in colpa. E un’aggressione che per particolarità e sviluppo sembra girata quasi in presa diretta, rimando a quella telecamera ultimo ed unico testimone fedele con cui Antoine cerca di difendersi.
Stoccate di legno su legno, simili a nacchere nell’aria e nient’altro sincopano la colonna sonora che punteggia il film in modo da incrementare un crescente disagio.
La luce del giorno immortala un panorama montano che sembra promettere pace, mentre l’oscurità rivela le profonde insidie ed i segreti che esso può contenere: un buio in cui si muovono sagome spaventose, in cui i rumori si amplificano o spariscono del tutto ed in entrambi i casi, non è un bene.  (Recensione di Pyndaro - MovieMag.it)