Marzo 2022, da pochi giorni la Russia ha
invaso l’Ucraina e l’intera Europa si è
mobilitata per dare asilo ai rifugiati. La
Polonia, la nazione che più si è distinta
per tempestività e generosità, è la stessa
che ha appena iniziato la costruzione di una
barricata d’acciaio di quasi duecento
chilometri per impedire l’entrata di altri
rifugiati. Per il suo esordio dietro la
macchina da presa, l’attrice Kasia Smutniak
si reca nella proibita ‘zona rossa’ per fare
luce sulle politiche di confine del suo
paese e sulla crisi dei rifugiati nella UE.
Un documentario con il ritmo di un thriller
per raccontare muri insormontabili costruiti
per dividere gli esseri umani.
MUR, film diretto da Kasia
Smutniak, è un documentario girato dalla
regista nel suo paese natale, la Polonia. Il
film è una sorta di diario di viaggio che
attraversa vari muri: da quello del ghetto
ebraico, di fronte al quale la Smutniak è
cresciuta, a quello costruito dal governo
polacco sul confine con la Bielorussia per
non permettere ai migranti provenienti dalla
Siria di raggiungere il Paese.
Alcuni muri non posso essere valicati, alti
sono invisibili e altri ancora dividono le
persone in due gruppi, gli esseri umani
degni di simpatia e quelli che non la
meritano. Ci sono mura che sono semplici
foreste e altre formate da filo spinato.
Sono state quest'ultime due tipologie a
trasformarsi in porte spalancate per
accogliere i profughi ucraini, mentre solo
200 km più in là c'è una foresta dove si
consumano le torture e dove vengono braccati
i migranti richiedenti asilo.
Il film è allo stesso tempo un diario
intimo e una denuncia. Affronta un viaggio
in Polonia, terra d’origine di Smutniak, che
grazie all’aiuto di attivisti locali, riesce
a raggiungere il confine e la cosiddetta
zona rossa, filmando la costruzione da parte
del governo di un muro, al confine con la
Bielorussia, per respingere i migranti
provenienti dalla Siria. Cercando di
riconciliarsi con il proprio passato, Kasia Smutniak
si interroga sull’ipocrisia dell’Europa
moderna. Parla di muri visibili e
invisibili, insormontabili e costruiti per
dividere gli esseri umani. Si interroga
sull’accoglienza e sul soccorso che un
continente deve compiere. Le riprese sono
avvenute a marzo 2022, quando da pochi
giorni la Russia aveva invaso l’Ucraina e
l’Europa si è mobilitata per dare asilo ai
rifugiati. Il Paese che si è distinto per
tempestività e generosità è stato proprio la
Polonia, lo stesso che ha iniziato la
costruzione del muro più costoso d’Europa
per impedire l’entrata di altri rifugiati.
Un primo muro respinge i migranti che
arrivano da terre lontane attraversando il
bosco più antico d'Europa, una frontiera
impenetrabile in un mare di alberi, Puszcza
Białowieża. Il secondo, quello di fronte
alla finestra della casa dei nonni
dell’attrice a Łódź, dove lei giocava da
bambina, è il muro del cimitero ebraico del
ghetto di Litzmannstadt.
Obiettivo del documentario è far capire come
l’accoglienza non debba fare distinzioni,
chiunque sia in pericolo va soccorso, un
continente che si definisca democratico non
innalza muri. |