Orari Programmazione

  Giovedì 28/02   Ore 21.30
     
  Venerdì 01/03   Ore 21.30
     
  Sabato 02/03   Ore 21.30
     
  Domenica 03/03   Ore 17.10 - 21.30
     
  Lunedì 04/03   Ore 21.30 Ultimo Giorno

Vincitore di TRE PREMI OSCAR
Miglior REGIA
Miglior FILM STRANIERO
Miglior FOTOGRAFIA

                                               
 

 
* LEONE D'ORO ALLA 75. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA
* HA OTTENUTO IL PREMIO SIGNIS

* GOLDEN GLOBE 2019 COME MIGLIOR FILM IN LINGUA STRANIERA
* MIGLIOR REGIA ad ALFONSO CUARÓN

* QUATTRO PREMI B.A.F.T.A. TRA CUI MIGLIOR FILM E MIGLIOR REGIA


* OSCAR 2019 PER: MIGLIOR FILM STRANIERO - MIGLIOR REGIA - MIGLIOR FOTOGRAFIA

ERA CANDIDATO ANCHE PER: MIGLIOR FILM, SCENEGGIATURA ORIGINALE, MIGLIOR ATTRICE (YALITZA APARICIO)
MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA (MARINA DE TAVIRA), SCENOGRAFIA, MONTAGGIO E MISSAGGIO SONORO.


  Messico/Usa - 135' - Drammatico -  VERSIONE ORIGINALE SOTTOTITOLATA

  Gli Speciali :  Trailer
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TRAMA : Roma, il film diretto da Alfonso Cuaron, racconta un anno turbolento della vita di una famiglia borghese nella Città del Messico degli anni 70, attraverso le vicende della domestica Cleo (Yalitza Aparicio) e della sua collaboratrice Adela (Nancy García García), entrambi di discendenza mixteca, che lavorano per una piccola famiglia borghese nel quartiere Roma a Città del Messico, una famiglia guidata da Sofia (Marina de Tavira), madre di quattro figli, che deve fare i conti con l'assenza del marito, mentre Cleo affronta una notizia devastante che rischia di distrarla dal prendersi cura dei bambini di Sofia, che lei ama come se fossero i propri.  Roma è un ritratto di vita vera, intimo e toccante, raccontato attraverso le vicende di una famiglia che cerca di preservare il proprio equilibrio in un momento di lotta personale, sociale e politica.

Alfonso Cuarón torna alle sue origini. Torna alla sua terra, alla sua lingua madre e torna soprattutto bambino, tentando di oggettivare quei ricordi che nella sua memoria lo vedevano circondato da una casa di cui erano le donne a rappresentare il perno centrale. Partendo dalla memoria, rendendola di un bianco e nero che non nasconde nulla, anzi, rende ancora più marcati oggetti e persone, il cineasta messicano ci racconta come un narratore attento un fatto del passato, parlando di famiglia mentre nel cortile i bambini riempiono l’aria di risate. Roma, in concorso nella sezione principale della 75ª edizione del Festival di Venezia, si affaccia sul piccolo per riportarlo con la potenza delle immagini e la dolcezza delle rievocazioni, portando con sé la presenza della regia di Cuarón e utilizzandola per un nuovo tipo di storia più intima e personale.

Sofia (Marina de Tavina) e la sua famiglia sono i tipici borghesi. Tre figli, un cane e due domestiche che aiutano a mantenere l’ordine nell’abitazione e si prendono cura dei bambini. Cloe (Yalizta Aparicio) e Adela (Nancy Garcia) non si lamentano del loro lavoro, dedicando tempo alla casa, ma sapendosi svagare anche al di fuori. Fino a quando le cose per la padrona Sofia e Cloe non prenderanno una piega inattesa, che le costringerà a raddoppiare la forza d’animo che le porta avanti.

È a partire dai suoni che ci immergiamo in Città del Messico, le urla dei venditori per le strade, la musica della banda, il continuo abbaiare o belare degli animali, a seconda di quelli popolano in quell’istante l’ambiente circostante. Ed è perciò a partire dal contesto sonoro che iniziamo a percepire la vita febbricitante di Roma, che decide di passare per i propri aspetti percettivi prima ancora che procedere direttamente con la storia, rendendo la fruibilità qualcosa da regalare con la distensione del tempo, il quale si rifà – come già accennato – alla memoria.

E mentre tocchiamo il suolo su cui crescono i figli di Sofia amati anche da Cloe, la macchina da presa ci invita a scrutare senza timore intorno alle figure umane, per porre attenzione ai particolari che richiamano un luogo andato, accarezzando in ugual modo paesaggi e persone, con la delicatezza di cui il film è capace. Nonostante infatti l’impatto visivo che Alfonso Cuarón riesce ancora una volta a riproporre con tocco fluido seppur sempre incisivo, è soprattutto nell’affettuosità delle panoramiche, nella scoperta lenta dei posti abitati dai protagonisti che Roma acquista il suo peculiare registro. Un contrasto, quello tra la forza del linguaggio della messinscena – che riporta al passato – e la sensibilità della regia, che si riflette ancor di più all’interno stesso delle inquadrature, che sembrano vivere proprio di questo simbolismo in continua opposizione tra ciò che si crede e ciò che è invece destinato a capitare.

Gli eventi vengono tramutati in segni che vanno cadenzano l’esistenza delle donne protagoniste, destinate a mantenere sulle proprie spalle il futuro della famiglia. E la calma che la pellicola propone entra in antitesi con momenti di fuoco che accendono Roma di una febbre vitale, anche quando ad aleggiare è un vento di violenza e morte, battendo ancora quella strada tappezzata da simboli nascosti che sanno farsi, per chi è pronto a guardare, esplicativi.

In questo dualismo con cui Cuarón assembla il suo film, a cui il regista affida i suoi ricordi per realizzare l’opera finora a lui più vicina, trovano spazio la potenza di un cinema in cui bisogna confidare e che, se si lascia far entrare, può emozionare per la sua portata innata, in grado di parlare non solo della forza delle donne e del sacrificio delle madri, ma dell’animosità da cui è possibile trarre vita. Roma è la via per un regista di raccontarsi come poche volte gli artisti sanno fare, rendendo partecipi della propria tradizione un pubblico a cui si è fieri di dimostrare le proprie origini e i propri miti.