ORARI

  Giovedì 26/01   Ore 21,00
     
  Venerdì 27/01   Ore 21,00
     
  Sabato 28/01   Ore 21,00
     
  Domenica 29/01   Ore 16,00 - 18,15
     
  Lunedì 30/01   Ore 21,00
     
  Martedì 31/01   Ore 21,00
     
  Mercoledì 01/02   N.D.   Rassegna

 

 



 


Regia di ALESSIO CREMONINI

Italia - 106' - Drammatico


 

Come 'Sulla mia pelle' anche Profeti parla di un essere umano in cattività, una giornalista catturata dall'ISIS e confinata in una casa. Alessio Cremonini si sposta in Medio Oriente e racconta la convivenza fra due donne, fra violenza psicologica e integralismo.


La SINOSSI : Profeti è la storia del confronto e scontro fra Sara, una giornalista italiana rapita dall’Isis durante un reportage di guerra in Siria, e Nur, giovane foreign fighter moglie di un miliziano del Califfato che la tiene prigioniera nella sua casa costruita in un campo di addestramento. Durante i mesi di detenzione Nur, mossa dal desiderio di proselitismo, e seguendo gli ordini del leader del campo, tenta di convertire Sara e di farla aderire all’estremismo islamista.


La RECENSIONE di
ComingSoon (Carola Proto) :

A quattro anni di distanza dal bellissimo Sulla mia pelle, cronaca dell'ultima settimana di vita di Stefano Cucchi, Alessio Cremonini torna a parlare di prigioni. Nel suo secondo film dal titolo Profeti, tuttavia, non ci troviamo nel penitenziario di Regina Coeli a Roma ma in Medio Oriente, in un campo di addestramento dello Stato Islamico. E nel campo di addestramento non ci sono sbarre, secondini, l’ora d'aria e liti violente fra prigionieri, ma soltanto una casa nemmeno troppo malridotta, e nella casa c'è una donna di nome Nur. Nur è la moglie di un mujaheddin e diventa la carceriera di una giornalista occidentale (Sara) che ha avuto la sfortuna di essere catturata mentre svolgeva il proprio lavoro.

Mettendo in scena il confronto fra queste due donne, il regista di Border, nonché il co-sceneggiatore di Private, si domanda dunque, ancora una volta, perché l'uomo, gli uomini, uno stato o una società intera abbiano l'irresistibile impulso di sottomettere chi è altro da sé, ciò che non si conosce. La risposta a un simile interrogativo è certamente la paura, non solo di un diverso credo religioso ma anche della creatura nata da una costola di Adamo: la donna. E la donna spaventa perché racchiude in sé il mistero della creazione, e alla razionalità e praticità del maschile oppone la dolcezza, la complessità, l'intuizione, la sensualità.

Come per il film su Cucchi, anche stavolta il compito non era facile per Cremonini, che ha guardato, con curiosità, numerosi video delle cosiddette mogli dell’ISIS e che, invece di sbandierare un'idea o imporre un suo giudizio come altri avrebbero fatto, ha fornito una possibile chiave di lettura allo spettatore, creando, per chi saprà coglierlo, un parallelismo fra il "carcere" di Profeti e le prigioni psicologiche, quelle "costruite" da chi finge di voler bene e quelle autoimposte, perfino in famiglia e nella coppia, da chi è troppo debole per evadere. È chiaro che alla base del film c'è un desiderio di indagare e quindi di mostrare fino a dove possa spingersi una religione che in arabo significa "consegna di sé alla volontà divina", ma Profeti si spinge molto più in là. Il film riflette infatti sulla distanza tra la fede, che significa credere in un Dio che non si è mai visto, e la sua negazione in nome di una religione dei fatti, di una fiducia nell'umano intelletto che non esclude a priori una spiritualità ma che più spesso tende a considerare l'evoluzione del pensiero come unico patrimonio che l'uomo lascia alla posterità.

Sara crede nel suo lavoro, si identifica nel suo lavoro, ma è debole rispetto a Nur, perché le sue certezze non sono altrettanto granitiche, e del resto i filosofi ci hanno insegnato che l'uomo saggio è colui che dubita. Purtroppo, però, fra il dubbio e la certezza vince la certezza, e i segni della sconfitta sono visibili nel dolore sordo e nei singhiozzi di Sara.

Sceglie l'unità di luogo Alessio Cremonini in Profeti, rendendo la casa di Nur un altro personaggio del film e nello stesso tempo il palcoscenico di un teatro dove, con piccole variazioni, va in scena sempre lo stesso spettacolo. Al centro del palco c'è un letto matrimoniale, che le due protagoniste dividono, come fossero amiche di scuola che hanno organizzato un pigiama party. Una addirittura mangia la cioccolata. Ma non c'è amicizia fra le donne di nero vestite, fra le due soldatesse che non combattono ad armi pari. Fra loro è guerra di trincea, e lo spazio mentale viene conquistato dalla più forte attraverso ricatti, silenzi e resistenza passiva. È uno show doloroso a cui assistere, e non sarebbe così emotivamente efficace se a recitare non fossero due attrici sopraffine: Jasmine Trinca, già diretta da Cremonini in Sulla mia pelle, e Isabella Nefar. Il regista ha lavorato separatamente con ognuna di loro per accentuare il divario fra Sara e Nur, facendo sì che la Trinca portasse dipinto su un viso stanco il dolore e che il suo corpo desse l'impressione di rimpicciolirsi, pronto a implodere. Dalla Nefar, invece, Cremonini ha ottenuto ieraticità e freddezza, poca espressività e quindi mancanza di umanità.

Alessio Cremonini dice che Profeti è piaciuto forse di più alle donne che agli uomini. Va bene così, anzi va benissimo, perché le donne sanno cosa significhi dover ancora lottare per essere considerate uguali agli uomini e conoscono fin troppo bene le subdole vie della violenza psicologica, che non lascia cicatrici sul corpo come quella fisica ma ferite nell'anima. E queste ferite, invece di rimarginarsi, continuano a sanguinare. Sempre il regista è convinto che saranno le donne a liberare il mondo dall'aggressività e dal desiderio di sopraffazione, e che la loro sarà una battaglia fatta di tenerezza, di empatia e di accoglienza.  La nostra speranza è che abbia ragione.