TRAMA :
Alain è un rispettato uomo d'affari e un
brillante oratore, sempre in corsa contro il
tempo. Nella vita, non concede alcuno spazio
alle distrazioni e alla famiglia. Un giorno,
viene colpito da un ictus che interrompe la sua
corsa e gli lascia come conseguenza una grave
difficoltà nell'espressione verbale e una
perdita della memoria. La sua rieducazione è
affidata a Jeanne, giovane logopedista. Con
grande impegno e pazienza, Jeanne e Alain
impareranno a conoscersi e alla fine ciascuno, a
modo suo, tenterà di ricostruire se stesso e di
concedersi il tempo di vivere.
Hervé Mimran
dirige Fabrice Luchini in Parlami
di Te (Un Homme Pressé) un
film ambizioso, tratto da una storia vera, in
sala dal 21 febbraio distribuito da BIM. Come
spesso accade l’interpretazione italiana del
titolo rimanda al senso generale del film e non
traduce l’originale che si basa sul libro
autobiografico di Christian Streiff, ”J’étais
un homme pressé”. L’uomo che ha ispirato il
film di Mimran era un famoso dirigente
aziendale, che causa di un ictus ha dovuto
mettere in discussione tutta la sua vita,
partendo dalla riscoperta di se stesso. Il
regista prende spunto dal racconto per costruire
una sceneggiatura originale, dove Fabrice
Luchini è il protagonista assoluto.
PARLAMI DI TE
SI RIFÀ ALLA STORIA VERA DI UN IMPORTANTE
MANAGER COLPITO DA ICTUS
Alain
Wapler (Luchini) è il dirigente di una
nota casa automobilistica francese, impegnato
nel proporre sul mercato un’auto elettrica dal
forte impatto innovativo. Abile oratore, Wapler
è stimato da tutti e chiamato spesso ad
intervenire ad incontri universitari e seminari
sulla crescita professionale. Ogni minuto della
sua giornata è pianificato e non lascia spazio
né alla famiglia né agli amici. Lo stress
psicofisico cui Alain è sottoposto lo mette
costantemente sotto pressione, non permettendo
alcuna decompressione e causando un terribile
ictus, che danneggia l’area del cervello
dedicata al linguaggio. Così il destino colpisce
Alain proprio sul suo punto di forza, mettendo
il severo manager allo specchio.
A
fronteggiare la situazione è la logopedista
Jeanne (Leïla Bekhti), una donna schietta
ma sensibile, che segue l’uomo nel suo percorso
riabilitativo. Caratterizzato da un ottimismo
contagioso Alain, costretto a trascorrere molto
tempo in casa, non si perde d’animo e lotta per
riacquisire le sue abilità oratorie, ma la vera
sfida non è tanto ritornare alla sua scrivania,
ma recuperare il rapporto con sua figlia Julia (Rebecca
Marder) e con il lato umano delle persone.
Hervé
Mimran sceglie una storia molto profonda per
delineare i suoi protagonisti Alain e Jeanne,
l’uomo dell’alta borghesia parigina e la tecnica
ortofonista di provincia, persone che
appartengono a due mondi diversi e
apparentemente in contrasto tra loro, ma che
trovano nell’amicizia il fondamento per
ritrovare se stessi. Argomenti
che sono comuni a molti film d’oltralpe e che il
regista di Tout ce qui brille e
Nous York fa propri in Parlami di
Te.
Tutto il
film si basa sull’alternanza tra dramma e
commedia, riuscendo a mantenere un buon ritmo,
ma solo grazie alle incredibili qualità di un
attore come Fabrice Luchini, capace di
interpretare un personaggio che il più delle
volte parla al contrario, inventa termini
inesistenti e fa fatica a ricordare luoghi e
persone. Sulla
base di queste incomprensioni linguistiche
Mimran costruisce la colonna portante della
sceneggiatura, che ha il pregio di non virare
mai sul facile piagnisteo.
Parlami di Te ha il pregio di raccontare
una storia profonda e interessante, attraverso
tre punti di vista (Alain, Jeanne e Julia), con
grande veridicità e con un sarcasmo equilibrato
ma pungente, tipico di molte produzioni del
cinema francese.
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