ORARI

  Sabato 21/10   Ore 19,00
     
  Domenica 22/10   Ore 16,30



 

 

Un film di Ali Asgari e Alireza Khatami

Iran - 77' - Drammatico



Un film che sgomenta e indigna

Una satira alla Fantozzi,
una crudeltà inaudita agli uomini e a dio


Ci si trova a ridere in questo HORROR magistrale
e ci si vergogna subito dopo

Dal dramma della condizione femminile agli arresti dei suoi più importanti Registi, quello dell'Iran contemporaneo è un regime antidemocratico e oscurantista di cui troppo poco si parla. Questo film trova il modo per farlo mettendo in risalto l'assurdo di quella che per gli iraniani è una condizione quotidiana.

 

La SINOSSI : Kafka a Teheran, film diretto da Ali Asgari e Alireza Khatami, segue persone comuni di vari ceti sociali mentre si muovono tra vincoli culturali, religiosi e istituzionali, imposti loro da diverse autorità, che vanno dagli insegnanti ai burocrati, nell'Iran contemporaneo. Ogni vignetta ritrae e cattura lo spirito e la determinazione di queste persone, che affrontano le avversità. Il film è quindi un ritratto di una società complessa e delle sue contraddizioni.

La RECENSIONE : Quello che sta avvenendo nell’Iran contemporaneo a opera di un regime chiaramente antidemocratico e oscurantista rappresenta uno dei grandi nodi irrisolti e troppo spesso passati sotto silenzio della politica internazionale: basterebbe riflettere su come, mentre qui impazza un dibattito femminista portato avanti a colpi di cancelletto e di peli sulle gambe ostentati, l’interesse dei nostri media per quello che è accaduto dopo la morte Mahsa Amini è stato a dir poco marginale.

Dal dramma relativo alla condizione femminile, fino ai tanti episodi di incarcerazione dei registi più famosi nel mondo (come
Jafar Panahi, per dirne uno solo), l’Iran contemporaneo è purtroppo un luogo dove la libertà individuale e collettiva è soggetta a drammatiche limitazioni. Drammatiche e assurde, laddove ogni gesto, ogni azione, ogni manifestazione esteriore del proprio essere può essere interpretato dalle autorità come qualcosa di sovversivo, offensivo, improprio, blasfemo, in base a un’interpretazione del tutto arbitraria e imprevedibile.
Fin dal titolo italiano capiamo che
Kafka a Teheran vuole raccontare appunto questo: l’assurdità di un regime, la violenza psicologica di un potere sui suoi sottoposti, le difficoltà continue e per noi impensabili del vivere quotidiano.

Scritto e diretto da Ali Asgari e Alireza Khatami (i quali hanno ovviamente avuto i loro problemi in patria dopo aver presentato il film in prima mondiale a Cannes), Kafka a Teheran fa della semplicità il suo punto di forza principale: è composto da dodici quadretti, dodici episodi, nei quali dei personaggi si trovano a andare a sbattere contro la natura paradossale, rigidamente ideologica e squisitamente liberticida di un potere che può assumere varie forme (dalla preside di una scuola a un possibile datore di lavoro, da un funzionario dell’anagrafe alla commessa di un negozio, passando per burocrati vari) ma che è accomunato dall’essere ottuso, irremovibile e invisibile.
Di questi dodici capitoli noi vediamo il protagonista, inquadrato con camera fissa, a colloquio con qualcuno che ci rimane costantemente invisibile, e di cui ascoltiamo solo le parole e i ragionamenti, kafkiani. Un potere che è invisibile perché tentacolare, molecolare, pervasivo, oppressivo.

Preciso e affilato in una scrittura fatta di dialoghi che ereditano la tradizione della poesia anche umoristica persiana, forte di interpretazioni naturaliste che non scadono mai nella macchietta o nello stereotipo, Kafka a Teheran manda il nostro sguardo, il nostro cervello e il nostro stomaco a sbattere con una certa qual garbata violenza contro il muro di gomma di un regime che assume aspetti implacabilmente orwelliani, lasciandoci a bocca aperta di fronte alla drammaticità di quello che racconta. Anche quando cala sulle sue microstorie un velo fatto di perfida e sofferta ironia, facendosi sorridere prima di soffrire.
Allo stesso tempo, oltre a far aprire ulteriormente gli occhi su quello che è l’Iran di oggi,
Kafka a Teheran riesce a assumere una valenza che va oltre il locale. Perché l’assurdità del potere, il suo controllo sottile ma prevaricante, è qualcosa di cui - con forme e gradazioni diverse, e ovviamente non paragonabili a quelle iraniane - possiamo o potremmo avere a che fare molto più spesso di quanto non immaginiamo.       (Federico Gironi - ComingSoon)