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Nove film, un documentario, cortometraggi e scene
inedite nelle sale italiane da maggio 2025 a gennaio
2026: si inizia
nel mese del Festival di Cannes con
Cuore selvaggio,
dal 12 al 14 maggio,
per celebrare i 35 anni della Palma d’Oro vinta dal
film nel 1990.
Dal 26 al 27 maggio
sarà in sala l’esordio al lungometraggio del 1977,
Eraserhead,
seguito, dal 16 al 17 giugno,
da uno dei suoi film più amati, The
Elephant Man.
Il calendario
riprenderà dopo l’estate con Velluto
blu (dal 15
al 17 settembre), Fuoco cammina con me
(ottobre), Strade perdute
(ottobre), Una storia vera
(novembre), Mulholland Drive
(novembre).
Chiude il ciclo, a
gennaio 2026, l’ultimo lungometraggio realizzato da
David Lynch, Inland Empire,
del quale celebreremo il 20° anniversario.
A completare questo
amplissimo affresco del cinema di David Lynch ci
saranno anche l’intervista realizzata nel 2018 da
Pierre-Henri Gibert
per la serie L’image originelle (First
image), i
cortometraggi
e i lavori di animazione
realizzati negli anni da Lynch, i
Missing Pieces
di Twin
Peaks.
“In
pochi si sono chiesti perché, vedendo un film di
David Lynch, ci si sente a casa”,
ha scritto
Roy Menarini,
appassionato studioso del cinema di Lynch.
“Anche di fronte ai mondi più oscuri, alle minacce
più irrazionali, alla violenza più raccapricciante,
l’universo ribattezzato come Lynchtown è diventato
per noi famigliare. Amiamo abitarci, tornarci,
metterci alla prova ogni volta. E non è un caso che
la notizia improvvisa della morte del regista
americano abbia suscitato una delle più sincere e
unanimi ondate di affetto che si ricordino per un
artista: evidentemente quel piacere di fronte ai
suoi racconti distorti e geniali è sempre stato
dettato dall’integrità artistica e dalla trasparenza
creativa. Lynch, in pratica, ci ha sempre detto la
verità, si è confessato con un candore unico, si è
spogliato delle sue visioni e le ha condivise senza
filtri, da uomo generosissimo quale era e
testardamente dedito al suo cinema e alle sue
immagini. Rivedere tutti insieme i suoi film
significa ora riguardare in prospettiva tutta la
nostra Lynchtown personale, perdendoci
volontariamente in quel magnifico e impareggiabile
labirinto visionario dove i confini tra un’opera e
l’altra tendono a sfumare”.
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