In collaborazione con
l'Associazione Culturale
"Il Cavaliere Blu"
Diretto da Michele Mally su soggetto
di Didi Gnocchi, che firma anche la
sceneggiatura con Giovanni Piscaglia,
il documentario fa parte del
progetto de La Grande Arte al Cinema
ed è stato realizzato con la piena
collaborazione del Museo Statale
Ermitage di San Pietroburgo e del
suo Direttore Michail Piotrovskij
per raccontare il museo in maniera
inedita ed emozionante, attraverso i
secoli della storia Russa e le
vicende culturali che hanno portato
allo sviluppo delle sue collezioni
nel cuore della città.
A guidarci in questo viaggio
l’attore Toni Servillo. Sarà lui a
farci respirare lo spirito di questi
luoghi e delle sue anime baltiche e
a presentarci le bellezze dell’Ermitage
e di San Pietroburgo, a recitare
brani tratti da poesie e romanzi, a
narrare le grandi storie che hanno
attraversato quelle strade, dalla
fondazione di Pietro I allo
splendore di Caterina la Grande, dal
trionfo di Alessandro I contro
Napoleone, alla Rivoluzione del 1917
fino ai giorni nostri. Immagini
spettacolari ci porteranno nei
grandiosi interni del Museo e del
Palazzo d’Inverno, nel Teatro, nelle
Logge di Raffaello, nella Galleria
degli Eroi del 1812. Visiteremo i
laboratori di restauro e
conservazione di Staraya Derevna, i
suoi tesori archeologici e la
sezione di Arte Moderna e
Contemporanea dell’Edificio dello
Stato Maggiore, che custodisce le
straordinarie collezioni Shchukin e
Morozov, con la più grande raccolta
di Matisse al mondo.
Per raccontarne visivamente lo
sviluppo urbano e architettonico, la
città verrà presentata nella sua
veste diurna e negli splendori delle
sue notti: la Prospettiva Nevskij,
il lungoneva, i ponti, il complesso
dell’Ermitage, il Cavaliere di
Bronzo, le statue di Pushkin, Gogol
e Caterina la Grande (amica di penna
di Diderot e Voltaire), le dimore
nobiliari che si affacciano sui
canali. I grandi architetti italiani
che disegnarono San Pietroburgo –
Trezzini, Rastrelli, Quarenghi –
sono i progettisti dei palazzi più
belli; ma l’anima di San Pietroburgo
e della Russia è sfuggente e prova a
raccontarla anche una coppia di
Roofers, giovani in cerca d’infinito
che si arrampicano sui tetti della
città offrendo prospettive
sorprendenti.
Era il 1764 quando la zarina
Caterina II acquistò a Berlino la
collezione da cui sarebbe nato il
primo germe dell’Ermitage. Da quel
momento prese il via l’arricchimento
sistematico di un patrimonio che già
dieci anni dopo vantava oltre 2.000
tele e che implementava via via di
disegni, pietre intagliate,
sculture, capolavori dell’arte
decorativa ed applicata. Dentro l’Ermitage
si percorre così la grande arte
europea, da Leonardo a Raffaello, da
Van Eyck a Rubens, da Tiziano a
Rembrandt e Caravaggio. Fuori dall’Ermitage,
la storia passa per luoghi ricchi di
memorie. La Fortezza di Pietro e
Paolo è il primo edificio costruito
a San Pietroburgo: è teatro di
avvenimenti celebri, come la grazia
a Dostoevskij davanti al plotone di
esecuzione, e ospita le tombe degli
Zar.Ma
la leggenda di San Pietroburgo passa
anche per la grande letteratura con
Alexandr Pushkin – primo tra tutti –
e il suo fondamentale contributo
allo sviluppo della poesia e della
lingua letteraria russa. Il docufilm
mostra gli ambienti della casa-museo
in cui è conservato il divano in cui
morì e quelli del Caffè Letterario
in cui bevve il suo ultimo caffè.
Della vita e dell’opera di Fedor
Dostoevskij è ancora testimonianza
l’abitazione dalla quale lo
scrittore poteva osservare la vita
della Neva, ambientazione dei suoi
romanzi, tra i quali Le notti
bianche, il suo inno d’amore a
San Pietroburgo.
Dall’Otto al Novecento, da Oriente a
Occidente i mondi dell’arte, della
letteratura e della musica orbitano
intorno all’Ermitage. Da Nikolaj
Gogol, citato attraverso brani de
La Prospettiva Nevskij, ai poeti
e gli scrittori del ‘900: Anna
Achmatova e Vladimir Nabokov sono
più vivi che mai nei loro luoghi
simbolo, mentre l’Hotel Angleterre
conserva ancora la camera in cui
morì Sergeij Esenin. Rivivremo le
difficili condizioni degli
intellettuali delusi dalla
Rivoluzione e l’assedio di
Leningrado, in uno dei momenti più
tragici della storia della città. Il
capitolo buio del regime di Stalin
sarà evocato a partire dalla
cessione di importanti opere dell’Ermitage
a collezionisti stranieri:
capolavori di Raffaello, Botticelli,
Van Eyck, Perugino. San Pietroburgo
è inoltre la culla della grande
musica russa. Da Michail Glinka a
Sergej Prokofev, da Piotr Caikovskij
a Nikolaj Rimskij-Korsakov a
Dimitrij Shostakovich: autori che
hanno cercato attraverso la musica
il suono autentico della Russia. Le
loro note sono interpretate dal
soprano Anastasiya Snyatovskaya e
dal maestro Dmitry Igorevich Myachin.
Infine, le immagini de Il Lago
dei Cigni, in programma al
Teatro dell’Ermitage, ci
porteraranno alle radici del
balletto russo.
Dentro e fuori dall’Ermitage,
scrigno dell’anima russa, scorre
l’identità complessa di San
Pietroburgo, città giovanissima
eppure da subito protagonista della
storia. Ad arricchire il suo
ritratto composito e sfaccettato
così come quello del suo museo c’è
Aleksandr Sokurov, che con il film
Arca Russa ha interpretato l’Ermitage
come un luogo sospeso nel mondo e
nel tempo, in perenne navigazione
sul mare della storia. Oltre a lui e
al Direttore Generale del Museo
Statale Ermitage Michail Piotrovskij,
intervengono nel docu-film lo
scrittore Orlando Figes, il
Direttore dell’Accademia Russa di
Belle Arti Semyon Michailovsky, la
Curatrice del Dipartimento Arte
Fiamminga dell’Ermitage Irina
Sokolova, lo Storico della
Letteratura Evgeniy Anisimov, la
Curatrice del Dipartimento di Arte
Veneta dell’Ermitage Irina Artemieva,
lo Storico dell’Arte Ilia
Doronchenkov, il Curatore della
Library of Congress di Washington
Harold Leich e il Direttore della
National Gallery di Londra Gabriele
Finaldi.
Frida Kahlo è l’artista che più di ogni
altra è riuscita a costruire una potente
autobiografia per immagini, capace di
raccontare con intensità la sua storia: il
dolore fisico, il dramma dell’amore tradito
e degli aborti, l’impegno politico. Frida è
diventata, dopo la sua morte, un’icona pop
in grado di raccogliere centinaia di
migliaia di visitatori nelle mostre a lei
dedicate e di ispirare libri, fumetti,
canzoni, film e persino sfilate di moda. Ma
chi era davvero Frida? E quanta energia e
vitalità sprigionano le sue tele anche
quando raccontano il dolore e la sofferenza?
FRIDA. VIVA LA VIDA, il docu-film diretto da
Giovanni Troilo,propone
un viaggio in sei capitoli alla ricerca di
Frida, nel cuore del Messico, tra cactus,
scimmie, cervi e pappagalli, alternando
interviste esclusive, documenti d’epoca,
ricostruzioni suggestive e opere della
stessa Kahlo, tra cui gli autoritratti più
celebri (da quello con Diego Rivera del 1931
alle Due Frida del 1939, da La
colonna spezzata del 1944 al Cervo
ferito del 1946). Il Docu-film
mette in luce le due anime di Frida Kahlo
(1907-1954): da una parte l’icona, simbolo
del femminismo contemporaneo, dall’altra
l’artista libera nonostante le costrizioni
di un corpo martoriato. Colpita dalla
poliomielite a sei anni e vittima di un
incidente stradale che la lascerà invalida a
diciotto, Frida convisse sempre con dolori
atroci che la perseguitarono fino alla
morte. Ciononostante, grazie alla sua
pittura ma anche ai suoi scritti, al suo
modo di vestire, al suo stile
inconfondibile, nel corso degli anni la
Kahlo è diventata un modello di riferimento
capace di influenzare artisti, musicisti,
stilisti. La sua importanza ha superato
perfino la sua grandezza grazie
all’intensità e la determinazione con cui ha
affrontato una vita segnata dalla
sofferenza. Il dolore, pur essendo materia
essenziale del suo lavoro, non basta infatti
a spiegare le ragioni di un’affermazione
tanto estesa e unanime: nelle opere di Frida
c’è un legame perenne anche con la forza
interiore e l’amore, con l’energia vitale
della sua terra e dei suoi colori.
Sarà l’attrice e regista Asia Argento a
condurre lo spettatore alla scoperta dei due
volti della pittrice, seguendo un fil
rouge costituito dalle parole della
stessa Frida: lettere, diari e confessioni
private. Lo spettatore scoprirà come l’opera
della pittrice affondi le sue radici nella
pittura tradizionale dell’800, nei retablos
messicani, oltre che nell’arte e
nell’impegno di uomini del suo tempo, dal
compagno di una vita, Diego Rivera, a
Trotsky. Del resto, dopo la rivoluzione del
1910, il Messico aveva provato a riscoprire
le proprie origini attraverso l’iconografia
pre-colombiana in cui anche Frida esplorò
l’identità degli opposti: dolore e piacere,
tenebre e luce, luna e sole, la vita nella
morte e la morte nella vita. Ripercorrere la
vita di Frida Kahlo significherà così
cercare il punto di contatto tra la
sofferenza delle vicende biografiche e
l’amore incondizionato per l’arte.
Nel documentario sarà possibile vedere per
la prima volta fotografie, vestiti e altri
oggetti personali di Frida conservati negli
archivi del Museo Frida Kahlo normalmente
non accessibili al pubblico, oltre alle
stampe originali delle fotografie scattate
da Graciela Iturbide durante l’apertura del
bagno di Frida nel 2004.
Ci saranno poi le testimonianze e gli
interventi di esperti e artisti: Hilda
Trujillo, che dal 2002 dirige il Museo Frida
Kahlo, uno dei tre musei più visitati di
Città del Messico che sorge nella Casa Azul
che fu dimora della pittrice, e il Museo
Anahuacalli; la fotografa messicana Graciela
Iturbide; il muratore e operaio Alfredo
Vilchis, divenuto artista quasi per caso
dipingendo miniature; la fotografa Cristina
Kahlo, pronipote di Frida; l’insegnate
d’arte del Wellesley College e curatore
aggiunto di arte latinoamericana al Davis
Museum James Oles; Carlos Phillips,
amministratore delegato del Museo Frida
Kahlo, dell’Anahuacalli di Diego Rivera e
del Museo Dolores Olmedo; la ballerina Laura
Vargas.