ORARI

  Sabato 02/12   Ore 21,00
     
  Domenica 03/12   Ore 16,00 - 21,00
     
  Lunedì 04/12   Ore 21,00
     
  Martedì 05/12   Ore 21,00


 


Un film di Michele Riondino

Drammatico - Italia - 95′

Il fulminante esordio alla regia
di Michele Riondino
porta con sé l'eredità di molto cinema


Cinema sociale duro, feroce e con al centro
una drammatica storia vera


Un film dove a fare la differenza sono
l'attenzione ai dettagli,
e la voglia di mettere il cinema
(civile sì, ma anche grottesco e surreale)
prima del messaggio


Doloroso, incisivo, ma anche ironico
e arricchito di tanta bellezza registica

ROMA – 1997. Caterino Lamanna (Michele Riondino), uomo semplice e rude è uno dei tanti operai che lavorano all’ILVA di Taranto. Vive in una masseria caduta in disgrazia per la vicinanza al siderurgico e nella sua indolenza condivide con la sua fidanzata il sogno di trasferirsi in città. Quando i vertici aziendali decidono di utilizzarlo come spia per individuare i lavoratori di cui sarebbe bene liberarsi, Caterino comincia a pedinare i colleghi e a partecipare agli scioperi alla ricerca di motivazioni per denunciarli. Presto, non comprendendone il degrado, chiede di essere collocato anche lui alla Palazzina LAF, dove alcuni dipendenti, per punizione, sono obbligati a restarvi privati delle loro mansioni e passando il tempo giocando a carte, pregando o allenarsi come in palestra.
Ma presto Caterino scoprirà che quello che sembra un paradiso, in realtà non è che una perversa strategia per piegare i lavoratori più scomodi, spingendoli alle dimissioni o al demansionamento. E che da quell’inferno per lui non c’è via di uscita. Parte da qui Palazzina LAF, esordio alla regia di Michele Riondino, un’opera sentita, dura, cattiva, di cinema sociale rigoroso e violento come lo fu il confino dei dipendenti nella palazzina: «Settantanove lavoratori qualificati furono costretti a passare intere giornate in quello che loro stessi hanno definito, in tribunale, una specie di manicomio. Il confino in fabbrica per la prima volta fu associato a una forma sottile e latente di violenza privata e per merito di questa sentenza un termine ancora non riconosciuto dal nostro ordinamento fu finalmente introdotto», ha detto Riondino.
Una pellicola vera, autentica, risultato di interviste e indagini ad ex-lavoratori dell’ILVA ed ex-confinati della LAF e di passaggi processuali dentro un mondo che Riondino conosce bene visto che oltre ad essere di Taranto, da dieci ani è nel Comitato Cittadini e lavoratori liberi e pensanti e dal 2012 è il direttore artistico del concerto del Primo maggio della città. Da qui ecco un affresco sociale, Palazzina LAF, che vuol raccontare quel che succede a Taranto oggi, frutto del disinteresse della classe dirigente di ieri (e pure di oggi). Oltre a Riondino, cast di prima fascia con Elio Germano, Vanessa Scalera, Anna Ferruzzo e Paolo Pierobon.  (HotCorn.com)

RECENSIONE : 
L'inizio con The Bad Touch (dei Bloodhound Gang) fa capire la disumanizzazione a cui vengono sottoposti i lavoratori nella "nuova" Ilva dei Riva, quella dopo la privatizzazione. Già con questa scelta Michele Riondino, al suo esordio come regista in prima visione alla Festa del Cinema di Roma, fa centrare a Palazzina Laf l'obiettivo: fare cinema con un forte contenuto civile, degno erede di Elio Petri e Gianmaria Volonté.
La vicenda alla base della narrazione è purtroppo veramente accaduta, forse non nota quanto meriterebbe perché soverchiata dall'altro dramma dell'Ilva, il dualismo salute - lavoro, i mali provocati dall'inquinamento, cosa di cui il film mostra i primi segnali.
Quella della Palazzina Laf è la storia del primo caso ufficiale di mobbing. La nuova proprietà sul finire degli anni '90 aveva posto un aut aut a diversi impiegati con un profilo altamente specialistico o lavoratori comunque poco graditi: o accettavano di fare gli operai (senza venire poi minimamente formati per farlo) o venivano confinati, durante l'orario di lavoro, in un edificio (la Palazzina Laf, appunto) squallido, privo di qualsiasi cosa permettesse di passare il tempo senza impazzire, che arrivò ad ospitare fino a 70 persone. Persone trattato come scarti, come delinquenti, isolati.
Il protagonista è Caterino Lamanna (
Michele Riondino), un operaio che viene ingaggiato come "spia" dal dottor Basile (uno spettacolare Elio Germano) per avvisarlo di qualsiasi malumore o attività sindacale in azienda. E già, perché l'Ilva non brillava nemmeno dal punto di vista delle condizioni di sicurezza sul lavoro.
Elio Germano incarna alla perfezione il ruolo di un piccolo caporale viscidamente mafioso, che ha subito presa su una persona semplice e rude come Caterino, il quale addirittura chiede di passare alla Laf per non fare niente invece di faticare in fabbrica. E che nemmeno si rende conto dei danni che procurano le sue delazioni sugli altri confinati e sui lavoratori tutti.
La sua è una storia senza redenzione, mentre finalmente, con l’arrivo di una soffiata in procura e l’inizio dei controlli dell’Ispettorato del lavoro, i confinati riusciranno a rivedere la luce, almeno in parte, anche se molti di loro avranno già subito danni psicologici da cui forse non si riprenderanno mai del tutto. Tragica ed esilarante è la scena in cui un ingegnere distrugge una parete affacciandosi su una stanza in cui gli altri stavano pregando.
Palazzina Laf mostra come la ricerca del profitto a qualsiasi costo avveleni i pozzi della società, riduca le persone a pedine egoiste del sistema, vittime e carnefici insieme (è il caso di Caterino, che inizia ad avere una strana tosse) quando non le annienti totalmente (è il caso dei confinati, in particolare Rosalba Liaci ex segretaria di Basile), rendendole vittime all'ennesima potenza.
Il film si ferma agli inizi del processo, conclusosi poi nel 2006 con la condanna per violenza privata per Riva e alcuni suoi collaboratori. Ma la tragedia dell'Ilva non è finita. Sia per gli ex-confinati, costretti a convivere con le conseguenze di quanto vissuto, sia per chi si ammala (e si ammalerà purtroppo) per i veleni emessi dalla fabbrica e per i lavoratori che non sanno che fine faranno. E questo sconvolge, che, a quasi vent'anni dalla fine del processo, ancora la fabbrica sia un mostro e non una risorsa.
Palazzina Laf è un film corale e toccante come l'abbraccio che Riondino si è scambiato con tutto il cast al termine della proiezione. All'accendersi delle luci, dopo La mia terra di Diodato in conclusione, in sala è partita una meritatissima standing ovation. Il film merita di essere visto dalle scuole e forse anche una riflessione come candidato all'Oscar come migliore film straniero non sarebbe male: perché riporta l'impegno sociale e le persone davanti alla macchina da presa, perché è recitato in modo magistrale, perché è carico di vita e dolore. E, parlando di Taranto, parla di ogni posto nel mondo in cui c'è il ricatto tra vita e lavoro.  (Mescalina.it - Arianna Marsico)