GIOVEDI' 24 NOVEMBRE Ore 21,00

 

Un film di Roberto De Paolis
Con Glory Kevin e Lino Musella.

Drammatico - 111 Minuti

Una favola (ir)reale, tra poesia e amarezza

La TRAMA : Princess è una giovane clandestina nigeriana che vende il proprio corpo ai margini di una grande città. Come un’amazzone a caccia, si muove in una pineta che si estende fino al mare, un bosco incantato in cui rifugiarsi, nascondersi dalla vita, guadagnarsi il pane quotidiano. Per sopravvivere deve fiutare l’odore dei soldi, schivare pericoli e sentimenti, un cliente dopo l’altro, senza soluzione di continuità. Finché un giorno litiga con le amiche con cui condivide la strada e incontra un uomo che sembra volerla aiutare. Ma è soltanto da sola che Princess potrà salvarsi.

La RECENSIONE di MoviePlayer
: Come già fatto nel bel Cuori Puri, Roberto De Paolis continua il suo percorso alla ricerca delle umane contrapposizioni. Se nel suo esordio c'erano i confini di una favola dai tratti luminosi, qui, nell'altrettanto riuscito film che vi raccontiamo nella nostra recensione di Princess, la favola in questione si fa più oscura e più profonda, pur non perdendo di vista un estro cinematografico lieve e gentile, che accarezza i suoi personaggi - e che personaggi - alla ricerca di un posto sull'Isola che non C'è. Allora, mentre la musica originale di Emanuele De Raymondi cita in apertura La Bella e La Bestia, con i titoli disegnati in uno splendido font dai tratti disneyani, ci ritroviamo poi a schiaffo nel bel mezzo di una radura - una "foresta", secondo la strepitosa comparsata di Maurizio Lombardi, protagonista di una sequenza poetica e amara - facendo la stretta conoscenza di Princess (Glory Kevin), una ragazza nigeriana di diciannove anni che, per vivere, vende il suo corpo. Insomma, tutt'altro che una fiaba.

La radura in questione è la pineta di Ostia, che separa la Roma Capitale dai tratti desolati del litorale, e i clienti - alcuni bizzarri, alcuni gentili, alcuni umanamente sperduti - vanno e vengono, consumando velocemente un atto animalesco, scostante e meccanico. Ma l'intento di De Paolis non è certamente quello di rintracciare i pietismi del caso, anzi. Insomma, non vuole raccontare la miseria, non gli interessa enfatizzare il dramma (che c'è, eccome se c'è), né tantomeno puntare il dito verso chi, in cerca di chissà cosa, si ritrova a pagare per avere uno sparuto bagliore di piacere. Infatti, Princess, scollegata dall'umanità, è respingente e ostile, concentrata unicamente sull'ottenere più soldi possibili. Come se fosse - appunto - in preda ad un sortilegio malvagio che la rende immune alla bellezza e, per certi versi, alla stessa umanità. Prostituirsi, per lei, è un lavoro, e il lavoro occupa per intero le sue giornate.

Che Princess non sia per forza una figura empatica lo capiamo fin da subito: una sfortunata volpe viene investita e lei, insieme ad un'altra prostituta, la trascina nel bosco. Crediamo vogliano seppellirla, in un gesto dignitoso e umano, e invece no, la caricano in una vecchia borsa e finiscono per cucinarla (!) nella loro scombinata casupola, distante diverse fermate di autobus. Un episodio che mostra chiaramente quanto Princess, presentato nella Sezione Orizzonti di Venezia 79, sia un cinema marcatamente vero. La vita della ragazza rispecchia in modo preciso la terribile esistenza di chi è costretto a vivere ai margini (di una strada, della stessa esistenza), e dunque la narrazione circolare ed episodica non lesina nulla, facendo trasparire la situazione ai margine vissuta da Princess e dalle altre ragazze, (vere) vittime della tratta, nonché co-autrici del film interpretando sé stesse. Ecco il motivo per cui Princess pare, a più riprese, non seguire un copione ferreo, lasciando spazio d'azione all'improvvisazione e alle emozioni della sua controparte cinematografica.

Una protagonista che, a guardare in controluce, altro non è che una principessa sperduta che non sa cosa voglia dire amare. Come nelle classiche favole, sfiorerà la percezione che, in mezzo a quella selva oscura, possa esserci nascosto un principe azzurro. Una percezione, appunto. Un'abbozzo fiabesco che non tradisce l'idea iniziale, assorbendo e iscenando le sensazioni che arrivano dalla strada. E un percorso, che potrebbe portare ad una catarsi, all'assaggio di una vita probabilmente migliore. Perché Corrado (Lino Musella), cavaliere senza macchina appassionato di funghi che preferisce gli animali agli umani (al contrario di Princess), proverà con coraggio ad avvicinarsi alla principessa, inseguendo un bacio che potrebbe risvegliarla dal torpore. Ma Princess, sgraziata e ingenua, deve pur difendersi dalla ferocia del mondo, e quindi il racconto di De Paolis finisce per alternare il degrado alla liricità, l'umorismo ruspante agli occhi spenti di Princess, personaggio che, come nel cinema Neorealista, annulla il confine tra finzione e verità.

Il punto di vista, lungo il fluire delle due ore scarse (siamo onesti, un paio di sequenze in meno avrebbero aiutato), non cambia mai e la camera del regista resta fissa e tremolante sul volto della ragazza. Non la molla un attimo, la tiene stretta a sé, le ricorda quasi che al mondo può esserci il conforto necessario, e che anche dopo la notte più buia c'è il sole, lì pronto a sorgere. Quello che Roberto De Paolis affronta, dunque, è un viaggio poetico e amaro, contornato dagli ancestrali spiriti guida e dalle lacrime appena accennate.

Un viaggio che rilegge i canoni classici delle fiabe, mischiando accecante bellezza, straripante malinconia (del resto il litorale romano ha un immaginario ben definito se si parla di malinconia) e irrimediabile bruttezza. Tre elementi che coesistono nell'inconsapevole universo di Princess. Tre elementi che legano i fili di un racconto che sfugge alle stesse regole delle favole. Perché quello che inquadra il regista è più reale che mai. E non c'è soluzione di continuità, bensì un cerchio chiuso da cui è impossibile scappare. Forse.