In data da definire

 SUSANNA NICCHIARELLI

incontrerà il Pubblico con il film

 MISS MARX

 


 

SUSANNA NICCHIARELLI

Biografia  e Filmografia

 

 


 

Eleanor Marx, figlia di Karl, era colta, libera e appassionata
Fu una delle prime donne ad avvicinare i temi del femminismo e del socialismo
 

Italia - 107' - Biografico/Drammatico

  Gli Speciali :  Trailer

TRAMA : Brillante, colta, libera e appassionata, Eleanor è la figlia più piccola di Karl Marx: tra le prime donne ad avvicinare i temi del femminismo e del socialismo, partecipa alle lotte operaie, combatte per i diritti delle donne e l'abolizione del lavoro minorile. Quando, nel 1883, incontra Edward Aveling, la sua vita cambia per sempre, travolta da un amore appassionato ma dal destino tragico...

La RECENSIONE di Paolo Mereghetti : Finalmente un film da applaudire senza se e senza ma. Miss Marx di Susanna Nicchiarelli ha decisamente alzato il livello del concorso veneziano, con un’opera che sa affrontare un tema scivoloso – il film biografico e in costume, spesso a rischio retorica o cartolina illustrata – con una forza di messa in scena che non va mai a discapito dell’originalità. Qualità ancor più apprezzabili se si pensa che la protagonista del film è Eleanor Marx (un’ammirevole Romola Garai), la terza figlia dell’autore del Capitale, intellettuale impegnata su temi non certo secondari (il lavoro minorile, l’emancipazione femminile) ma insieme donna dalla tormentata e sofferta vita sentimentale. All’origine della sua tragica fine. Non a caso il film si apre sul funerale del padre nel 1883, quasi ad anticipare il dolore che accompagnerà la vita della figlia terzogenita mentre ne ribadisce insieme la sua avvenuta emancipazione: da questo momento la ventottenne Eleanor dovrà contare solo su se stessa, sulle sue convinzioni e idee, ma dovrà anche fare i conti con le proprie contraddizioni. Militante socialista lucidissima nell’individuare i temi su cui mettere a frutto gli insegnamenti marxiani e nel sostenere una battaglia che non si chiamava ancora di liberazione femminile ma che era tale, finirà per accettare un legame che segnerà profondamente (e dolorosamente) tutta la sua vita. L’incontro con il drammaturgo inglese Edward Aveling (Patrick Kennedy) accenderà in Eleanor una passione così totale e assoluta da firmare i suoi scritti con il cognome di entrambi, come suggello di un legame che lei considerava matrimoniale (anche se tale non era perché Aveling era già sposato), ma che lui ricambiò con una gestione scriteriata delle loro risorse finanziarie e soprattutto con una infedeltà che a un certo momento non si preoccupava nemmeno di mascherare. Ecco il senso del film: l’incongruenza tra dimensione pubblica e sfera privata che apre, per usare le parole della regista, «un abisso sulla complessità dell’animo umano, sulla fragilità delle illusioni e sulla tossicità delle relazioni sentimentali». Non certo un’esclusiva femminile, evidentemente, ma che nel personaggio di Eleanor assume una dimensione particolarmente significativa, proprio per la lucidità che dimostrò nei suoi discorsi e nelle sue scelte di vita. Ed è qui dove il film dimostra il suo valore, nella capacità di non scivolare né verso il patetismo né il predicatorio. Eleanor Marx avrebbe potuto essere raccontata come una storia a tinte forti (lui sparisce anche per mesi, chiede soldi mettendo nei guai amici e conoscenti, preferisce lo stordimento dell’oppio al confronto con la realtà) ma in questo modo tutto si sarebbe ridotto a l’ennesima variazione su un amore infelice. Miss Marx invece costringe lo spettatore a non chiudere gli occhi di fronte a quelle contraddizioni e a fare i conti con ciò che papà Karl (Philip Gröning) insegnava alla figlia: non sentirsi estranea a niente che sia umano. Anche amare chi non lo merita.Ne esce un melodramma non melodrammatico, dove la musica (rock, punk. Compresa una cover di Springsteen e l’Internazionale) rompe con le sue dissonanze il possibile fascino del racconto realistico. Allo stesso modo, brani dei suoi discorsi recitati quasi frontalmente riescono a «sospendere» il flusso narrativo così come immagini di repertorio e fotografie lo scandiscono alla ricerca dello stesso effetto. L’obiettivo cercato è di fermare il meccanismo di identificazione con la protagonista, evitando che la forza del racconto cancelli gli elementi di riflessione senza per questo sminuire il fascino della storia. Come si vede perfettamente nella scena di Casa di bambola, piccolo capolavoro di scrittura e regia che lasciamo al pubblico il piacere di scoprire e apprezzare. Lontana dal raggelamento fassbinderiano come dagli incendi truffautiani, la messa in scena di Susanna Nicchiarelli cerca un equilibrio tra passione e riflessione capace di non sminuire la forza di una storia esemplare ma insieme di non trasformarla in un dispositivo per commuovere o indignare. Riuscendo a dimostrare una compattezza e un controllo della materia (senza una sbavatura o una esitazione) davvero notevolissimo. Brava!